home123
Piante officinali
back123

Carlina vulgaris - acaulis L.

carlina

Compositae
Carlina vulgaris L.
Carlina comune, Cardo dorato.


Forma biologica: H scap
Descrizione: Pianta perenne, di aspetto erbaceo, eretto, fusti rossastri, tormentosi, più o meno ramificati all’apice. Altezza 20- 60 cm.
Le foglie sono sessili e semiamplessicauli, spinose, pubescenti e ragnatelose nella pagina inferiore. Le basali obovato-lanceolate con nervi che proseguono trasformandosi in spine robuste, le mediane ovali-oblunghe, patenti o riflesse con la base cuoriforme, le superiori si trasformano in brattee spinose e cigliate, riunite sotto il capolino.
I fiori sono raccolti in capolini isolati al termine dei rami. Le brattee esterne dell’involucro sono fogliari, le centrali sono spinose, le interne lineari e giallastre, sembrano fiori ligulati. I fiori tutti tubolosi sono color giallo paglierino, rossastri alla sommità.
I frutti sono acheni con pappi color ruggine.
Antesi: Giugno – Settembre.
Tipo corologico: Eurosib. (diffusa in Europa e Siberia)
Distribuzione in Italia: Specie molto comune in tutto il territorio, manca in Sicilia e Sardegna
Habitat: Pascoli aridi, luoghi incolti, sentieri, margini dei boschi, da 0 a 1.800 m.
Note di sistematica: In tutta la penisola dall’arco alpino al meridione si presentano popolazioni con foglie quasi lineari, circa 10 volte più lunghe che larghe. Probabilmente sono forme prive di reale valore, sono state classificate come Carlina vulgaris subsp. longifolia Nyman ( = C. longifolia Rchb. non Viv.)
Specie somigliante è la Carlina stricta (Rouy) Fritsch che ha fusto semplice e un capolino solitario, foglie con spine deboli e pagina inferiore solo sparsamente pubescente, che vegeta in Piemonte e lungo il dorso meridionale delle Alpi .
Etimologia: Si vuol far derivare il nome generico, da Carlo Magno, che credette, in seguito ad una visione, che una Carlina potesse allontanare la peste.
Proprietà ed utilizzi: Pianta diaforetica e purgante, buona mellifera.

 

Carlina acaulis L.

Famiglia: Compositae
Nomi volgari: carlina bianca, articiochi de monte, pan de l’alpin, tiroliro, buralze, spin de prà, carlina segnatempo, semprevivo, cardo di S. Pellegrino.
Etimologia: il nome generico da Carlo Magno che attribuì alla pianta il potere di curare la
pestilenza sembra che lo stesso Linneo, attribuisse e dedicasse tale
pianta all'imperatore.
Altri ipotizzano un riferimento a Carlo V, in realtà appare più probabile, una banale deformazione della parola "carduncolos", diminutivo di cardo e il nome starebbe quindi, per piccolo cardo. Acaulis perché generalmente priva del gambo.

Morfologia:
pianta erbacea, perenne, o bienne a crescita lenta, con fusto di colore brunastro, che, nonostante il nome "acaulis", si presenta, ora breve o assente, ora alto fino a 30 cm, a volte ramificato. Rizoma robusto, amaro, che emana odore fetido.
Le foglie, quasi tutte basali, sono disposte in rosetta lunghe sino a 20 cm, sono picciolate, con lamina oblungo-spatolata, pennatosetta, profondamente divise, glabre, coriacee e spinose.
Al centro della rosetta, un solo grande capolino che può raggiungere i 15 cm di diametro completamente avvolto da brattee: le esterne sono fogliacee, le mediane sono brune, dentate- spinose, quelle interne sono lineari, bianche e brillanti, somigliano a fiori ligulati. I fiori tubulosi di sono colore bianco sale o rosa .
I frutti sono acheni minuti di penne.

Distribuzione – habitat – fioritura:

diffusa in buona parte dell’Europa centrale, in Italia è comune in tutte le regioni settentrionali e centrali, più rara nelle regioni meridionali, assente nelle isole. Vegeta nei pascoli, negli ambienti rocciosi e nei prati secchi, predilige terreni silicei e calcarei, dove fiorisce da giugno a settembre, sino a 2.200 m.

Proprietà ed usi:
nella medicina popolare viene utilizzata la radice che ha proprietà diaforetiche, diuretiche, amaricanti, digestive, carminative, diaforetiche, purganti, cicatrizzanti, sudorifere e febbrifughe.
Un uso eccessivo della carlina può provocare vomito e diarrea, ed è quindi indispensabile che
ogni trattamento terapeutico, venga effettuato sotto stretto controllo medico.
Nel passato la carlina era un’erba importante ed era classificata come allessifarmaco (antidoto ai veleni), proprio per questo era coltivata nei giardini dei monasteri, gli antichi Sassoni la consideravano un amuleto contro il malocchio e ogni malattia. Oggi è un’erba poco usata poiché esistono rimedi più efficaci.
Veniva usata per lenire il mal di denti, la polvere della radice, che veniva anche fumata, serviva per curare la scabia ed altre malattie della pelle, le vesciche e le piccole piaghe.
L’infuso di polvere di radice nel vino rosso era indicata contro i reumatismi e come rimedio sudorifero negli stati febbrili.
Il decotto di carlina può essere usato per detergere la pelle colpita da eczema e da acne.
I ricettacoli dei capolini, noti come “pane del cacciatore”, sono eduli, utilizzabili come i cuori dei carciofi, oppure tagliati a piccoli pezzi, messi a cuocere con lo zucchero in poca acqua, fino ad ottenere una purea dolce-piccante, ottima da utilizzare come la mostarda.
Le radici invece, tagliate a rondelle e private della parte interna legnosa, possono essere utilizzate per fare canditi, una prelibatezza se coperti di cioccolato.
La carlina è ricca di inulina, uno zucchero digeribile anche dai diabetici.
Le foglie secche o essiccate riescono a cagliare il latte.
Sovente viene usata come pianta ornamentale nelle composizioni di fiori secchi.


Curiosità:
le brattee esterne, a seconda dell’umidità atmosferica, funzionano da igrometro naturale, chiudendosi quando il tempo muta al peggio, ma comunque sempre nelle ore notturne, per poi riaprirsi al mattino successivo.

Note:
questo genere formato da 20 specie di annuali, biennali e perenni è distribuito in Europa, nella regione mediterranea e nell’Asia occidentale.
Specie simile è la Carlina alpina, che si differenzia per il caule lungo sino a 1 metro.